In una ottima pubblicazione del prof. Cesaratto – che ha il dono, assai raro fra gli accademici, di coniugare al rigore scientifico un’esposizione degli argomenti chiara anche per i non addetti ai lavori – si ricostruisce la natura (forse non giuridica, ma comunque) economica dei “saldi Target2”, ultimamente tornati di gran moda dopo una prima ondata di celebrità prodotta da un noto articolo di Sinn del 2011.
Target2, in realtà, altro non è che un sistema di pagamento interbancario che permette l’elaborazione in tempo reale dei bonifici transfrontalieri nell’Unione Europea in generale e nell’Eurozona in particolare. Né più, né meno. Tuttavia, a causa del peculiare funzionamento “decentrato” (tramite, cioè, le Banche Centrali dei singoli Paesi membri dell’UEM) della Banca Centrale Europea, i saldi cumulati della piattaforma (che sostituiscono il passaggio di riserve ufficiali da un Paese all’altro) finiscono per qualificarsi come veri propri crediti o debiti (non verso un certo Stato ma) verso la BCE (e per partecipare alla posizione finanziaria netta dei vari Stati).
Questa costatazione (che il prof. Cesaratto dimostra con dovizia di esempi nel suo scritto) comporta che, a certe condizioni, le Banche Centrali dei Paesi dell’Eurozona con ampio surplus commerciale finiscono per finanziare sia gli squilibri delle bilance commerciali dei Paesi in deficit (dunque, debito privato), sia gli oneri derivanti dai programmi di quantitative easing della BCE, per quanto attiene gli acquisti dei Titoli degli Stati in maggiore difficoltà (dunque, debito pubblico). In entrambi i casi, le Banche Centrali dei Paesi core – prima fra tutte, la Bundesbank – in cambio ricevono soltanto saldi Target2 positivi (crediti verso la BCE, si è detto), ma le relative garanzie – i collateral, come vengono definiti – restano presso le Banche Centrali dei Paesi beneficiari.
La solita eterogenesi dei fini. I tedeschi – diciamo così, per semplificare – che hanno costruito l’Euro come un sistema di cambi fissi travestito da unione monetaria quale paravento giuridico per non rivalutare la propria divisa (e, dunque, fare dumping commerciale nei confronti dei propri partner, prima fra tutti l’Italia), che però una unione monetaria vera e propria non l’hanno voluta per non dover condividerne gli oneri con gli altri Paesi, soprattutto in termini di trasferimenti fiscali dalle zone più ricche a quelle più povere, che insomma hanno trasformato l’UE in una gigantesca macchina al servizio del loro congenito mercantilismo, si ritrovano ora con nient’altro in mano che crediti perpetui non garantiti (sì, perché finché dura l’UEM, i saldi Target2 non sono liquidabili).
Vista sotto quest’ottica, anche la politica dell’Unione appare più comprensibile. Ad esempio: mettere a rischio l’intera UEM lasciando uscire la Grecia dall’Euro sarebbe stato come avallare – dal punto di vista della Bundesbank – un furto con destrezza; infatti, il frigo Bosch, comprato dal cittadino ateniese col prestito di Alpha Bank, è stato in ultima analisi finanziato da riserve create dalla Bu.Ba. a fronte di un credito Target2 che – in caso di dissoluzione dell’Eurozona – ben difficilmente potrebbe essere riscosso. E dunque, a suprema gloria dell’Euro, del mercantilismo e della finanziarizzazione idiota dell’economia, morte alla Grecia tramite cessazione dei prestiti della BCE agli Istituti del Paese. (Aperta parentesi: il caso greco, più di ogni altro, mostra la necessità di approntare con grande anticipo un “Piano B”. In questo senso i mini-bot proposti da Claudio Borghi potrebbero giocare davvero un grande ruolo. Chiusa parentesi).
Così come appare più comprensibile (e, per questo, ancora più inescusabile) la politica delle nostre élites, dei governi Monti (il Monti I, in proprio; il Monti II, appaltato a Enrico Letta; i Monti III e IV, anche noti come governo Renzi e Renzi-bis sub specie Gentiloni). Tutti ricorderanno il nostro amato Senatore a vita ammannire in italiano la favola delle tasse per salvare le finanze pubbliche (che, infatti, sono peggiorate e di molto) e, nel frattempo, spiegare in inglese di aver dovuto “distruggere” la domanda interna del Paese per riportare la bilancia commerciale in attivo.
Soprattutto, si pongono nella giusta luce alcune prese di posizione di politici e tecnici teutonici che, altrimenti, sembrerebbero dettate da neppure troppo lucida follia. Un bell’articolo di Vincent Brousseau – responsabile nazionale per il partito francese UPR in materia di Euro e questioni monetarie, dirigente per 15 anni presso la Banca Centrale Europea – ripercorre proprio queste “prese di posizione”, guarda caso particolarmente forti tra 2011 e 2012 (apertura dei saldi Target2 per la rottura del mercato interbancario fra Paesi UE) e al giorno d’oggi (apertura dei saldi Target2 per il quantitative easing). Circa cinque anni fa, Jens Weidmann – attuale presidente della Bundesbank, presidente in pectore della Bce al posto di Mario Draghi – propose proprio la traslazione delle garanzie dai “Paesi finanziati” a quelli “finanzianti”, tramite costituzione di collateral (in oro, dollari, titoli di Stato) ai saldi Target2 negativi. Il mese scorso, il presidente dell’Istituto di ricerca tedesco IFO (quello che pubblica l’indice sulla fiducia delle imprese) ha preso posizione, chiedendo che il governo di Berlino intervenga per esortare la BCE ad adottare misure per contrastare un “uso illegale ed eccessivo”. Come? Sempre tramite garanzie in oro, ha proposto di nuovo Sinn (come riporta, ancora, Brousseau).
Il sogno di tutti i creditori. Il gold standard. Che condivide con il sistema dell’Euro la natura intrinsecamente deflattiva e la polarizzazione dei redditi (incrementando in modo esponenziale quelli del capitale finanziario a scapito di quelli dei lavoratori, presto sospinti verso la soglia della povertà: la scomparsa della classe media è uno degli episodi più tipici di questo ultimi venti anni), ma che ha un problema in più. È assolutamente insostenibile anche nel breve periodo, perché nessun Paese – meno che mai i Paesi periferici dell’Eurozona – hanno riserve tali da sostenere, per molti anni, una completa collateralizzazione dei saldi Target2 (lo SME “credibile”, istituto nel 1987, nel 1992 era già bello che saltato).
Il che ci porta, dritti dritti, alla dissoluzione dell’Euro. Dice Brousseau che, quando le riserve saranno finite, “un giorno potrete leggere, a pagina 23 del vostro quotidiano, a caratteri piccoli, che i trasferimenti via Target sono stati rifiutati per ragioni tecniche” e che “dovrete pagare delle tasse aggiuntive se volete trasferire il vostro denaro verso alcuni paesi del Nord”. I pochi sfortunati connessi a un terminale Bloomberg vedranno che “sono apparse delle quotazioni euro spagnolo/euro tedesco”, per cui “EURESPGER = 0.9895/97”, mentre i turisti seriali si accorgeranno di “nuove restrizioni sulla quantità di denaro contante importabile al passaggio di una frontiera” (“per combattere contro il riciclaggio del denaro sporco, la droga, il terrorismo o chissà che altro”, ça va sans dire…). Conclude amaro: “poco per volta, però, diventerà inevitabile accorgersi che l’unione monetaria avrà smesso di esistere. Ma allora vi verrà detto [da politici e giornalisti, N.d.R.] che già si sapeva, che tutti l’avevano detto e pensato”.
Nel frattempo, però, i Paesi periferici, tra cui l’Italia, avranno dovuto sopportare ingentissimi deflussi di ricchezza e desertificazione industriale. Povertà. In un arguto articolo pubblicato da Scenarieconomici, si evidenzia come l’idea di Weidmann & sodali porterebbe al nostro Paese “tutti gli effetti negativi della svalutazione, [ma] senza la possibilità di godere dei vantaggi della svalutazione competitiva”, alla Germania “la centralizzazione dei flussi monetari” europei. Come nel noto piano Funk, ma senza le svastiche, che fanno tanto X Municipio signora mia. Aggiunge l’articolo: “a questo diabolico meccanismo sfuggirebbe chiaramente il contante… ecco perché i Paesi con Target2 positivi di norma non hanno limiti ai contanti mentre esistono fortissime limitazioni nei Paesi con grandi deficit Target2”: altro che corruzione (Italian version) o terrorismo (French version)! Gretto interesse economico, come abbiamo già avuto modo di dire proprio sulle colonne de Il Format.
In questo quadro, l’Italia si trova in una clamorosa posizione di forza. O meglio, ci si troverebbe se avesse una classe politica appena appena adeguata. Posto, infatti, che in caso di Italexit l’Euro salta (con gravi perdite tedesche), ma che anche in caso di implementazione del progetto Weidmann-Sinn l’Euro salta lo stesso (con gravi perdite nostre), basterebbe che Padoan – invece di lagnare sulla Nouy, brutta e cattiva (o sul destino, cinico e baro) – portasse sul tavolo la “modesta proposta” che Alberto Bagnai spiega in tutti i suoi scritti da 5 anni a questa parte. L’Italia si fa promotrice di una discussione per la determinazione delle migliori modalità di dissoluzione controllata dell’Eurozona; in caso di rifiuto, è pronta ad abbandonare la nave unilateralmente.
Andarsene da soli costerebbe caro. Rimanere costerà tutto.