Molto spesso si dice, a torto, che il cittadino si allontanerebbe dall’Unione Europea per la sua scarsa trasparenza e per la complessità della sua organizzazione. Niente di più falso. E il prossimo “completamento dell’Unione bancaria” sta a dimostrarlo.
Il processo parte, di norma, attraverso un pronunciamento accademico di una o più rispettabile istituzione economica tedesca o francese, subito ripreso e fatto proprio dalla dirigenza politica di uno Stato membro di secondo piano. Il suddetto Stato membro – se una tale proposta fosse accettata – ci rimetterebbe quanto sta bene, ma tanto ci sono i giornaloni autoctoni a veicolare immediatamente il messaggio opposto, sottolineando solo qualche petizione di principio che resterà sicuramente nel grande libro dei sogni (tanto per dire, la mutualizzazione del rischio bancario tramite EDIS, rispetto alla trasformazione dell’ESM in un Fondo Monetario Europeo a trazione tedesca).
Dibattito, sessioni del Parlamento UE, poi più niente per un certo periodo (ammuina nota anche sotto il nome di “metodo Juncker“). Finché un politico tedesco, possibilmente in qualche consesso non strettamente ufficiale, riprende la questione, l’approfondisce e la trasforma, in buona sostanza, in un ultimatum (che, nel caso di specie, prende il nome carino e un po’ dadaista di non-paper).
A questo punto entrano in scena prima la Banca Centrale Europea, che entra a gamba tesa nel dibattito (?) modificando le norme di vigilanza (ne abbiamo parlato qui), quindi la Commissione Europea ,che – spesso formalmente criticando la posizione tedesca o comunque tentando di discostarsene – elabora una proposta più complessiva che, con qualche minimo aggiustamento, ne ricalca le linee fondamentali e, soprattutto, ne sposa gli obiettivi di fondo (sì alla trasformazione dell’ESM in un Fondo Monetario Europeo, no all’EDIS, Schäuble è accontentato).
In passato, il processo si concludeva con l’approvazione della misura e l’entusiastica approvazione da parte dei succitati politici degli Stati membri più penalizzati; per restare al caso di Unione bancaria e Direttiva BRRD (quella del bail-in):
Finita ora sessione Consiglio Europeo.Approvata Banking Union.Per tutelare risparmiatori e evitare nuove crisi.Buon passo verso UE più unita
— Enrico Letta (@EnricoLetta) 19 dicembre 2013
L’accordo sulla BRRD contribuisce a spezzare il circolo vizioso tra rischio sovrano e rischio bancario. #Ecofin
— Fabrizio Saccomanni (@FabSaccomanni) 26 giugno 2013
Tanto, entro il successivo quinquennio, una nuova generazione di politici – rigorosamente dei medesimi partiti dei precedenti – avrebbe considerato la decisione “un errore”, avrebbe voltato pagina ed avrebbe fatto peggio.
Poiché però, di recente, il lustro di ripensamento si è accorciato significativamente causa danni immediati delle decisioni prese a livello europeo, e siccome talvolta i politici implicati non sono del tutto usciti dalla scena politica, recenti riforme procedurali hanno introdotto la possibilità di un limitato ma comunque significativo sbattimento di pugni sul tavolo prima della in ogni caso immancabile deglutizione dell’amara medicina. Lo sbattipugnismo, in quanto trasversale, è spesso affidato a qualche tecnico indipendente, ma – ovviamente – anche al buffone di corte è lasciata, tradizionalmente, una certa libertà di parola.
#Patuelli, come #Tajani, si appella a centralità PE su normativa, non sapendo che politici hanno dato mano libera a BCE su questi temi
— Marco Zanni (@Marcozanni86) 11 ottobre 2017
Alcuni dirigenti europei del settore bancario ignorano che il loro compito è EVITARE crisi del credito, non CREARLE. #europasìmanoncosì #EU
— Matteo Renzi (@matteorenzi) 5 ottobre 2017
D’altronde, con i bambini piccoli e un po’ recalcitranti, da sempre ci si comporta così.