Il disagio sociale scaturito dall’interruzione della crescita economica, spacciata a lungo come destino ineluttabile delle economie capitaliste, ha avuto come primo effetto la crisi dei partiti tradizionali ed il crescente rifiuto delle loro modalità comportamentali.
Abbiamo così assistito, nell’ultimo decennio, alla fioritura, in tutta Europa, di movimenti dichiaratamente alternativi allo establishment e portatori di istanze di radicale cambiamento.
Nel nostro Paese, che aveva già conosciuto le convulsioni autonomiste delle regioni settentrionali, sotto la spinta del separatismo leghista, si è rapidamente affermato il M5S, che, proclamando la propria diversità dall’universo politico esistente, ha attinto percentuali
di consenso elevatissime, che lo hanno portato alla conquista di importanti città, tra cui la capitale. La narrazione, ossessivamente reiterata, delle ingiustizie sociali, della corruzione dei professionisti della politica, dei loro odiosi privilegi da abbattere per reintegrare i cittadini nel loro diritto all’eguaglianza, e la promessa di introdurre un reddito minimo garantito per i non abbienti, hanno fatto facilmente breccia in un corpo sociale frastornato da impreviste difficoltà esistenziali e convinto di essere stato tradito dai propri rappresentanti.
Nel nome di una proclamata diversità, i pentastellati hanno così iniziato a misurarsi con le responsabilità di governo a livello delle autonomie locali, sperimentando sulla loro pelle
le enormi difficoltà, le delusioni, gli insuccessi e gli inciampi di natura giudiziaria a cui va incontro chi è chiamato ad esercitare pubbliche funzioni.
I tedofori della legalità e dell’onestà, impigliati in indagini, raggiunti da avvisi di garanzia,
costretti a modificare in corso d’opera direttive interne sul comportamento degli eletti ed
eligendi, vedono incrinarsi il mito della diversità sul quale avevano costruito le loro fortune.
Nessuna sorpresa, perché ogni visione radicale di un mondo ideale da costruire su questa
terra finisce per scontrarsi con la natura dell’uomo, certo perfettibile, ma pur sempre
complessa, accidentata e lontana da quella che il mito tende ad accreditare.