Dopo tante convulsioni e tentativi di fronteggiare l’invasione con strategie di accoglienza, sembra proprio arrivato il momento di un intervento di qualche efficacia della nostra flotta in prossimità della costa libica. È da lì che inizia l’esodo di intere generazioni di africani, che lasciano la loro terra per fuggire alla miseria, alla guerra, al fanatismo ed alle più feroci
dittature, la diaspora di cacciatori di futuro che vengono portati in Italia e ne ingolfano il territorio.
La maggior parte di loro vorrebbe proseguire il viaggio verso i paesi più ricchi del continente, ma non può farlo perché tutte le frontiere sono chiuse e l’Eurafrica è ormai ridotta ai nostri 300.000 chilometri quadrati.
Un’emergenza conclamata, un ribollire di reazioni e proteste di sindaci, cittadini, partiti politici che soffiano sul fuoco del malcontento popolare per ricavarne profitto in termine di voti e, adesso, finalmente, un sussulto di responsabilità da parte di chi ci governa.
Gentiloni annunzia in parlamento che manderemo la flotta nelle acque territoriali libiche, ma precisa subito, per non irritare pacifisti e cultori della vilta’ che non sarà un’invincibile armata, ma solo una squadrata navale a bassa intensità e non si azzarda a replicare al signore di Bengasi che minaccia ritorsioni e sfracelli contro di noi, non sia mai.
Dobbiamo tutelare la nostra immagine di piccola nazione imbelle, che non assume iniziative senza il placet di organizzazioni internazionali che esistono solo sulla carta, che vende armi, ma non le usa neanche per difendersi. I francesi, gli inglesi, gli americani, i russi, decidono motu proprio di bombardare, aggredire, invadere, deporre tiranni, noi, al massimo, giochiamo alla guerra navale per infrangere il tedio sui banchi di scuola.
E poi cosa direbbero Fratojanni e Fassina, Civati e le anime belle di Berlinguer e Togliatti?
Da quando abbiamo una patria diversa dall’ Unione Sovietica? Dove sono le nostre bandiere arcobaleno?
Non parlo da guerrafondaio, caro Gentiloni, ma da patriota democratico, che vuole continuare a credere di vivere in una nazione che non prova vergogna a difendersi e che manda in campo armate pronte anche a vincere ed attrezzate a farlo, almeno mentalmente.