
Là dove finiscono le terre abitate dal PD, che hanno confini piuttosto incerti e soggetti a modifiche, si aprono praterie di sinistra, popolate da tribù di sognatori ed elaboratori di strategie politiche che privilegiano le suggestioni ideologiche più che i dati della realtà.
Dopo la scissione, messa in cantiere dalla ditta per dare un segnale di irreversibile rottura con il renzismo, si è aperto un cantiere per tentare di federare tutte le variegate componenti della sinistra, individuando in Pisapia il Caronte capace di traghettare le anime irrequiete nella terra promessa del progressismo.
L’idea dei promotori era quella di costruire un centro-sinistra alternativo al PD, ma il navigato politico milanese, già sindaco e guida di una larga coalizione, ha fatto subito intendere di non voler interrompere il lungo e fruttuoso rapporto con i democratici e, sopratutto, di non essere condizionato dall’odio viscerale nei confronti del segretario Renzi, che annebbia le idee degli scissionisti.
Così, nell’arco di poche settimane, è diventata palese la difficoltà di unire ciò che appare irrimediabilmente diviso, per l’eterogeneità dei fini ed il diverso vissuto dei protagonisti. Senza considerare che, se oggi appare oltremodo improbabile la riedizione di un
centrosinistra al governo, pretendere di edificarlo contro il PD è una sciocchezza, un ossimoro, un non senso, qualcosa di demenziale, come la pretesa di fare stare insieme Pisapia e Fratojanni.