Si è consumato ieri, in direzione, l’ultimo confronto-scontro tra due diverse visioni del PD ed, al di là dei personalismi e delle consuete schermaglie tattiche, si è plasticamente materializzata la distanza tra Renzi ed i suoi antagonisti. Il problema di fondo è quello della collocazione del partito, che la vecchia classe dirigente vorrebbe saldamente attestato sul fronte del tradizionale centrodestra, in simbiosi con alleati che orbitano esclusivamente in quell’area e finalizzato a relazionarsi con una parte ben definita di elettorato, mentre il nuovo leader ha l’ambizione di parlare a tutti e di contendere a Berlusconi l’elettorato di centro.
Tale divaricazione non appare francamente componibile, in quanto implica la rottura della rigidità degli schieramenti e sposta l’oggetto della contesa dalle formule ai contenuti, introducendo inediti elementi di movimentismo, di cui il PD potrebbe avvalersi per navigare in mari più vasti. Il richiamo di Franceschini alla necessità di saldare alleanze con Pisapia e gli altri variegati mondi della sinistra, perché soli si muore e, comunque, non si vince, rimandano alla necessità di metter mano alla legge elettorale, reintroducendo elementi di maggioritario e premio alla coalizione, che andrebbero a cristallizzare le logiche della seconda repubblica.
Da tale scelta scaturirebbe la necessità di sacrificare la leadership decisa dalle primarie alle ragioni della alleanza, in quanto gli scissionisti ed i loro sodali non sopportano neanche l’idea che sia Renzi a guidare la coalizione.
Alla diversa visione strategica sul ruolo e lo spazio del PD va quindi a sommarsi una questione personale che appare allo stato insuperabile ed ostativa ad una qualsiasi definizione della controversia. A nessuno, peraltro, sfugge la difficoltà/impossibilità di trovare in parlamento una maggioranza disponibile al varo di una riforma elettorale finalizzata alla ricostruzione di coalizioni le quali, oltre ad essere avversate dal M5S, limiterebbero la libertà d’azione di PD e FI. Rimangono due certezze: presto si tornerà a votare e nessuno vincerà, neppure, parafrasando Dalla, i troppo furbi e i cretini di ogni età.